"Terre Promesse" di Milena Agus

Titolo: Terre Promesse
Autrice: Milena Agus
Pagine: 201
Prezzo di copertina: 15, 50 euro
Prezzo ebook: 7,99 euro
Editore: Nottetempo

Sinossi:
Ciascuno di noi ha la sua terra promessa, anzi, le sue terre promesse, perché non c’è momento della nostra vita che non guardi aquel vago avvenir che in mente avevi, come dice il poeta tutelare di questo romanzo. Ma vale la pena di continuare a cercarle? Questa è la domanda che Milena Agus si pone, inseguendo le terre promesse di tre generazioni di una famiglia sarda, dalla madre che sogna il matrimonio della figlia con un ricco possidente, alla figlia che sogna di essere amata da un uomo sfuggente, al nipote che si trasferisce in America, già terra promessa dell’Italia povera, inseguendo la musica. Tutti procedono da una terra promessa all’altra, illusi e delusi, finché, un giorno, potrebbero forse decidere di fermarsi e concludere líquel viaggio sfinente.



Dei benefici di libri giusti al momento giusto e di quelli che, il momento giusto provoca di per sé, ho già scritto a sufficienza, dunque non mi soffermerò oltre; vi basti sapere che il libro di cui sto per parlare rientra nella categoria.
Tema del giorno è, invece, la terra promessa: nella fattispecie, al plurale, le terre promesse o della loro ricerca di cui racconta Milena Agus nella sua pubblicazione più recente; autrice che avevo messa da parte dopo un primo approccio narrativo avvenuto, probabilmente, al momento sbagliato, mi sono poi ricreduta dandole una chance in un periodo più propizio.
Favorevole perché, a differenza del titolo precedente, in quest'opera di Milena Agus mi ci sono ritrovata un po', spesso; nell'insoddisfazione di Ester, nella scontrosità di sua madre, nella quieta rassegnazione di Raffaele, nell'ingenuità disarmante di Gregorio, nel dubbio di Sisternes, nel cinismo disilluso di Marianna, nella spossatezza fisica e psichica da lenire soltanto in riva al mare di Gabriele, nella ribellione alle convenzioni in assenza di sentimento, nella natura esile ricoperta di ciccia di Felicita, proprio così, senza accento.
Una Sardegna meno indomita e selvaggia del solito fa da sfondo ad una saga familiare atipica, favoleggiante ma dalle radici ben salde, i cui personaggi - Grazia Deledda docet - sanno piegarsi come canne al vento senza essere spezzati dalle intemperie della vita, dalle mareggiate burrascose dell'immensa distesa d'acqua che circonda l'isola e, come sempre, instaura un rapporto controverso ma totalizzante con gli isolani di ogni generazione.
La musica jazz, le spezie arabe, l'amore che è stato, che viene e che va accompagnano chi legge, chi scrive , chi vive questo romanzo, nella certezza che, terra promessa o meno, non esiste un posto al mondo dove non sia possibile stare bene.

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