Recensione: "L'ho sposato lettore mio - Sulle tracce di Charlotte Brontë" a cura di Tracy Chevalier


Titolo: L'ho sposato lettore mio - Sulle tracce di Charlotte Brontë
A cura di Tracy Chevalier
Pagine: 304
Prezzo di copertina: 18 euro
Prezzo ebook: 9,99 euro
Editore: Neri Pozza

Sinossi:
Per quale ragione «L’ho sposato, lettore mio» è una delle frasi più celebri e citate della letteratura inglese? La risposta, tutt’altro che ovvia, risiede nel capolavoro da cui è tratta: Jane Eyre (1847), la storia di un’orfana che, grazie alla sola intelligenza e caparbietà, riesce a convolare a nozze con il nobile signor Rochester. Per affermare il suo successo, e il cambiamento della propria condizione sociale, invece di dichiarare «mi ha sposata, lettore mio» – com’era da aspettarsi nella maschilista società vittoriana – Jane dice: «l’ho sposato, lettore mio». Una sfumatura nella forma verbale che ha lo scopo di rimarcare la coscienza femminile della protagonista, e quella dell’autrice Charlotte Brontë, e che si ergerà a manifesto, ispirazione e stimolo per tutte le scrittrici a venire.
Quando Tracy Chevalier ha chiesto alle migliori autrici in lingua inglese di raccontare una storia ispirata a quella celebre battuta, non l’ha fatto solo per festeggiare i duecento anni della nascita di Charlotte Brontë, ma anche per ridare significato a quelle parole, per renderle di nuovo vive e attuali nella società odierna.
«In alcuni racconti sono le nozze stesse a essere drammatiche, a causa di una dolorosa scheggia di vetro in Coppia mista di Linda Grant, o di un mutamento improvviso in Il matrimonio di mia madre di Tessa Hadley, o di un rapporto clandestino durante una cerimonia in Zambia, in Uomini doppi di Namwali Serpell, o di un incontro gotico nel fango della brughiera in Tenersi per mano di Joanna Briscoe», dice Chevalier.
In altri, come La prima volta che vidi il tuo viso di Emma Donoghue, la frase di Jane Eyre diventa il trampolino di lancio per viaggiare indietro nel tempo, fino alla Germania di fine Ottocento, dove Miss Hall e Mary Benson,la moglie dell’arcivescovo di Canterbury, si macchiano del peccato di un amore saffico. Se in Lo scambio Audrey Niffenegger colloca Jane nel mondo contemporaneo, in un paese dilaniato dalla guerra, la penna originale ed eccentrica di Helen Dunmore si diverte a raccontare Jane Eyre dal punto di vista della governante ingelosita, mentre Tracy Chevalier – con la maestria che l’ha resa una delle scrittrici più lette e amate d’Italia, «in grado di donare il soffio della vita al romanzo storico» (Independent) – dipinge la relazione sentimentale di una coppia male assortita, «come margherite e gladioli, come pizzo e cuoio».
Il risultato è una collezione di ventuno storie d’amore, diversissime per sensibilità, scrittura e intenzioni, che ruotano attorno a una medesima eroina dai mille volti: una donna determinata e coraggiosa, che combatte per vincere i pregiudizi e gli ostacoli della società. E che non ha paura di affermare la propria identità dicendo, a testa alta, con un sorriso affaticato ma fiero: io «l’ho sposato, lettore mio».



Ma vivendo in un paese straniero si diventa umili, perché non si è nella posizione di scegliere le proprie compagnie e si desidera ciò che è familiare.
Quanto è vero e quante volte succede di sentirsi in terra straniera pur essendo nei pressi di luoghi conosciuti; dunque si continua ad andare, a cercare casa. Charlotte Brontë rappresenta, insieme ad altri, la mia casa letteraria; nella brughiera dello Yorkshire, vagando per il Regno Unito costellato di miseria e nobiltà attraverso i fiumi d'inchiostro versato da menti fervide che ne hanno esplorato ogni latitudine, trovavo rifugio durante quell'età sottile, delicatissima che è l'adolescenza. Elizabeth Bennet mi mostrava i pregi dell'arguzia, dell'autoironia uniti ai difetti dell'orgoglio e del pregiudizio, così pure altri eroi ed eroine in misura maggiore e minore presentavano i vantaggi della Sorte e della Sfortuna; Jane Eyre, in particolare, m'insegnava la tenacia e l'anticonformismo, il rispetto verso sé stessi, la curiosità della conoscenza e la grandezza della libertà degli esseri umani liberi dotati di volontà indipendente, il valore di diventare chi siamo e non chi vorrebbero noi fossimo. Perciò, alla ricerca se non di un centro di gravità permanente ma quantomeno di uno stabile, ho intrapreso volentieri il cammino sulle tracce della maggiore delle sorelle più celebri della letteratura, proposto da donne, scrittrici anche loro, che intendevano omaggiarla nel bicentenario della nascita.
Un viaggio intricato su sentieri tortuosi ma non troppo lunghi, con unica guida - fil rouge della situazione - l'explicit di un capolavoro osservato da prospettiva differente: protofemminista, post-apocalittica, quotidiana, misteriosa, dai risvolti inaspettati sotto le sembianze di confessioni drammatiche di altri abitanti della Thornfield Hall più oscura.
Tutto si paga, specialmente l'amore, che sia puro o non corrisposto, segreto, proibito, finito, il sentimento trova sempre il modo d'insinuarsi; è nell'aria, lo si percepisce credendo d'udire tramite l'etere il richiamo nostalgico di un amore perduto oppure incrociando per la prima volta il viso di una persona cara. Un gesto, una carezza, un mancamento perfino, possono far germogliare un'emozione irrazionale ed incontrastabile che, come acero infestante, autoseminante, minaccia di piantare radici salde nel cuore e nell'anima di chi è caduto vittima delle frecce ardenti di un Cupido dispettoso.
Prosa breve a spezzare il ritmo incalzante, nonostante tutto, di prolisse, accidiose, giornate estive; lo fanno bene i racconti di autrici più e meno note, sotto l'egida di Tracy Chevalier, purosangue DOC di una scuderia, quella Neri Pozza, rivelatasi raramente perdente. 
Una scommessa vinta, quindi, quest'antologia variegata e intensa, densa d'atmosfere ed argomenti lontani tra loro resi tuttavia vicini, bene amalgamati, da un caposaldo appassionato quale le affilate parole di una mente evidentemente brillante ancora, duecento anni dopo.
L'errore che commettiamo tutti è credere che l'amore debba implicare possesso. [...] Fu felice lui? Lo fui io? Ricavammo il meglio dalla nostra vita? Sì. No. [...] Non posso fare a meno di sospettare che mentre spreco il mio tempo qui, la mia vera vita attenda altrove.

Commenti

  1. Ciao, hai scritto una recensione davvero molto bella, rilanciando nel mio interesse un libro che altre recensioni, molto negative, mi avevano fatto vedere sotto un'altra luce.
    Condivido anch'io la sensazione di non avere una casa e di vagare senza un vero posto dove sentirsi al sicuro. Unica eccezione, anche per me, le pagine di un libro, soprattutto se firmato Bronte.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao Virginia e grazie! Nel leggere questa antologia di racconti ti segnalerei l'importanza della premessa che li vuole "ispirati a", il che significa che alcuni si discostano anche parecchio dalla figura Bronteana. A me sono piaciuti tutti, alcuni di più, altri meno, perché procedendo con la lettura mi sono lasciata condurre dalle autrici, mettendo da parte le aspettative di tutt'altro segno. Buona lettura!

      Elimina
  2. Sicuramente finisce dritto dritto nella lista di libri da leggere!

    RispondiElimina
  3. Ciao Cecilia,
    io lo regalo a Natale ad una persona speciale! e poi ...me lo presterà ;-)
    Bellissima recensione.
    Lea

    RispondiElimina
  4. Lo metto in lista! L'avevo già adocchiato in libreria, ma non ero ancora convinta :)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Se ti piacciono i racconti, vai tranquilla, qui ne troverai per tutti i gusti. :)

      Elimina

Posta un commento

I commenti sono fondamentali per lo scambio di opinioni e la crescita culturale di ogni persona che passa da questa Sala; dunque, se vorrai lasciarne uno, saremo ben felici di sapere quale sia il tuo pensiero :)

Grazie.