Recensione: "Quello che hai amato - Undici Donne, Undici Storie Vere" a cura di Violetta Bellocchio

Titolo: Quello che hai amato - Undici donne, undici storie vere
A cura di Violetta Bellocchio
Pagine: 203
Prezzo di copertina: 15 euro
Prezzo ebook: 7,99 euro
Editore: UTET

Sinossi:
State per leggere undici storie d’amore molto diverse tra loro. Al centro di queste storie trovate le città, le case, gli oggetti, le persone, le famiglie, il lavoro, le immagini, gli uomini e le donne: i legami che durano per tutta la vita e quelli che segnano un momento di passaggio; le scelte accurate, le decisioni impulsive e le conseguenze di entrambe. Questa antologia nasce dal mio desiderio di leggere racconti inediti di dieci scrittrici italiane. A tutte loro ho fatto la stessa domanda: raccontami quello che hai amato. Le autrici erano libere di muoversi in qualsiasi direzione, bastava che la storia fosse vera. Per molte di loro – autrici di romanzi, saggi, reportage – dire “io” era una novità quasi assoluta. Attraverso i loro racconti ho sentito che stavo cominciando a conoscerle. Per cominciare a conoscere qualcuno, devo vedere cosa gli provoca una reazione forte. Il modo più semplice è fare una domanda. Che cosa ami? Scelgo questa domanda perché non ho idea di quale risposta sto per ricevere. L’amore, in concreto, prende forme strane e specifiche, e l’amore come concetto si può intendere in migliaia di modi. Che cosa ti piace? Che cosa ti muove? A cosa scegli di dare importanza? Che cosa ti spinge a cambiare, o a stabilire una tregua con una parte di te? Se esiste un collegamento tra queste scrittrici italiane, è il forte senso dell’identità individuale: la maniera in cui sta sempre cambiando, unita alla consapevolezza che alcune parti di noi, nel bene e nel male, sono destinate a farci compagnia per molto tempo.



Può capitare di svegliarsi con un bisogno fortissimo di non essere più quelli di prima, e può capitare di sentire che la propria metamorfosi vada portata a termine in assenza di testimoni.
Un leggero colpo di testa, una piccola follia è capitata a tutti almeno una volta nella vita. Tagliare i capelli cortissimi nonostante una salute cagionevole e parenti ed amici che ormai disperano di vederti con una lunghezza di capelli decente, secondo loro, oppure smaltare ogni falange di un colore diverso sull'onda dell'ispirazione perché ti va, altrimenti sopraggiungerebbero irritazione ed emicrania. Anche trovare posto ad una raccolta di non fiction nella lista di libri da leggere di una lettrice seriale di romanzi fa parte delle decisioni prese sul momento che ricorderò felicemente. 
Alcune presumibili garanzie, a dire la verità, c'erano: ME 619753, un sottotitolo intrigante riguardante storie vere di donne che, per vivere, mescolano realtà ed immaginazione e l'amore, certo.
Io, che solitamente aborro racconti ed autobiografie, mi sono improvvisamente scoperta interessata.
Tanto tempo fa ho imparato come si va al cuore delle cose. Per andare al cuore delle cose, occorre essere liberi. La libertà non è uguale per tutti. [...]E non posso capire tutto quello che leggo ma vado avanti lo stesso, sono in discesa ormai, mi rendo conto come una luce improvvisa in faccia che il mondo è pieno di libri. Che niente porterà tutto questo  via da me. [...]Ho sei anni, sono una lettrice professionista.
Di storie ce ne sono tante, tutte fatte di mezze verità, di Gioia e Fosco.
Ma l'amore, l'essenza di ogni cosa, per dirla con Sparks, è come il vento: non lo vedi ma lo percepisci.
Il talento poteva andare sprecato, ma non l'amore. Sprecare l'amore sarebbe stato un delitto.
Mi sono spesso domandata quale sia l'elemento irriducibile, la nostra definizione, ciò che ci rende in grado di rimanere noi stessi nonostante quanto potremo cambiare o tutto quello che saremo disposti a perdere. Ma in realtà nulla si perde mai davvero; che sia una scampagnata domenicale dove ti porta la macchina, la prima parola di un bambino, la scintilla di un sentimento grandissimo nel sangue, un abito appariscente ed un bouquet intrecciato di margherite e attese, una città fenice con la capacità di rinascere ammantata di splendore decadente piuttosto che una dove i marciapiedi sono cosparsi di polvere di stelle, opposti di una medaglia che s'attraggono, un paesino tale e quale a Twin Peaks, la sugna o un ospite di casa, tutto quello che hai amato trova il modo di restare, sempre e comunque.
Raccontare, raccontarsi, non uccide ma fortifica; tra le righe o palesemente, l'importante è farlo ogni volta che se ne ha necessità.
E a chi fosse ancora preda dell'annosa questione, dubbio amletico, su come valutare un'antologia, chiedo: per ammirare un fiore bellissimo occorre forse strappare uno per volta i petali che ne compongono la corolla oppure rimirarlo nell'insieme, affascinati a prescindere da tutte le imperfezioni che esistere comporta?



IMG_6447Violetta Bellocchio è nata a Milano nel 1977. Il suo ultimo libro è il memoir Il corpo non dimentica (Mondadori, 2014). Ha collaborato a “Rolling Stone”, “IL Magazine”, “Link”, “E – il mensile di Emergency”, “Rivista Studio”. Ha pubblicato un romanzo, Sono io che me ne vado, (Mondadori, 2009) e diversi racconti, l’ultimo nell’antologia L’età della febbre (minimum fax, 2015).

Dal 2013 è la curatrice della rivista online “Abbiamo le prove”, un contenitore di storie nonfiction scritte da donne italiane, vincitore del Macchianera Italian Award come miglior sito letterario del 2014.

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