Recensione: "Una storia quasi solo d'amore" di Paolo Di Paolo

Titolo: Una storia quasi solo d'amore
Autore: Paolo Di Paolo
Pagine:171
Prezzo di copertina: 15 euro
Prezzo ebook: 9,99 euro
Editore: Feltrinelli

Sinossi:
Si incontrano una sera di ottobre, davanti a un teatro. Lui, rientrato da Londra, insegna recitazione a un gruppo di anziani. Lei lavora in un’agenzia di viaggi. Dal fascino indecifrabile di Teresa, Nino è confuso e turbato. Starle accanto lo costringe a pensare, a farsi e a fare domande, che via via acquisiscono altezza e spessore. Al di là dell’attrazione fisica, coglie in lei un enorme mistero, portato con semplicità e scioltezza. L’uno guarda l’altra come in uno specchio, che di entrambi riflette e scompone le scelte, le ambizioni, le inquietudini. Tanto Nino è figlio del suo tempo (molte passioni spente, nessuna tensione ideologica), tanto Teresa, con il suo segreto, sembra andare oltre. Ostaggi di un mondo invecchiato, si lanciano insieme verso un sentimento nuovo, come si trattasse di un patto, di una scommessa. Accade sotto lo sguardo lungo e partecipe di Grazia, zia di Teresa e insegnante di teatro di Nino, attor giovane allo sbando. Proprio mentre crescono l’attesa e il desiderio, Grazia esce di scena, creando una sorta di “dopo” che rilegge l’intera vicenda di Nino e Teresa, il loro cercarsi là dove sono più profondamente diversi.



Parlare di libri vis-à-vis con qualcuno che se ne intende perché di belle opere parla e, soprattutto, ne scrive, è un piacere che capita di rado nella mia vita. Quando accade che un interlocutore che mi conosce un po' e, soprattutto, sa quali sono i miei gusti letterari, mi dia dei consigli veri, non appartenenti alla categorie delle frivole chiacchiere da salotto, io mi sento in dovere di seguirli, anche soltanto per avere materiale per la prossima conversazione. 
Questa la dinamica che mi ha condotta alla nuova pubblicazione di Paolo Di Paolo, autore tenuto d'occhio da un pezzo ma le cui opere, sfortunatamente, non avevano ancora trovato posto tra le priorità di lettura; ci sono voluti un friendly reminder, Grazia, Nino e Teresa per far sì che ciò avvenisse.
Uno stile ricercato, fatto di parole messe in fila una davanti all'altra, apparentemente scritte di getto frutto d'ispirazione momentanea eppure generatrici di paragrafi dotati di una certa incredibile assonanza e scorrevolezza da far sospettare un certosino labor limae; è bene e male allo stesso tempo, questa armonia quasi perfetta che fa scattare un sottile contrasto con un'inquietudine di fondo maggiormente amplificata dallo scorrere delle pagine. Gli avverbi nel titolo - quasi, solo - rappresentano la salvezza dell'uomo in copertina: solo qualche bracciata, ce l'ha quasi fatta ad uscire dal mare magnum da cui rischia d'esser travolto.
C'è il teatro: Grazia, insegnante di recitazione e voce narrante della vicenda, passa il testimone a Nino sia per motivi personali, sia per metterlo alla prova. Il segreto, afferma, nel pieno di un flusso di coscienza caratteristica di quasi tutto il romanzo, è l'improvvisazione; l'improvvisazione è vero motore dell'ispirazione, della bellezza, del successo con il pubblico con cui, in ogni attimo, ci troviamo a fare i conti ché sì, rassegnamoci, daremo sempre spettacolo per qualcuno.
Vivere senza ambizione, peculiarità degli anziani allievi di Nino, potrebbe essere una soluzione, come Teresa - più piccola di Grazia, più grande di Nino, almeno anagraficamente - troppo giovane per sentirsi vecchia se non fosse che la vita non  aspetta il sopraggiungere dei capelli bianchi per sferrare certi colpi.
Ci sono politica e religione a far da temi caldi, all'indomani della crisi del governo Monti e delle dimissioni papali, ci sono fede ed ateismo in due ragazzi probabilmente agli antipodi, c'è speranza in un uomo che attende infreddolito in una Panda una risposta che potrebbe non arrivare.
C'è un romanzo intimista in cui, per una volta, i protagonisti sembrano interpretare ruoli secondari per lasciar spazio al mondo che, con le proprie contraddizioni, reclama attenzione nella sua interezza e interamente vuole essere esplorato, al di là dei planisferi di carta alle pareti e degli orologi settati su fuso orari differenti secondo i dettami di Greenwich.
Ogni lettore, quando legge, legge sé stesso, scriveva Proust: avviene ogni volta, con maggiore o minore intensità; a far da unità di misura è chi legge, dunque il tasso di gradimento, l'immedesimazione nel travaglio interiore dei personaggi e, talvolta, magari, di chi scrive, dipende da ciascuno. E' una dichiarazione quasi solo d'amore il neonato in casa Di Paolo: sta a ciascuno accettarlo o meno così com'è, una storia quasi solo d'amore, narrazione di tutto e di niente, della vita- matassa di cui spetta ad ognuno trovare, se può e vuole, il bandolo - senso.

Commenti

  1. Lo leggerò sicuramente.
    Oltretutto, saprai che la parentesi teatrale mi attira. ;)

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    1. La pièce messa in scena è "Le false confidenze" di Marivaux, però ci sono degli spunti universalmente validi sul mondo teatrale e non solo da non sottovalutare, secondo me. E' un romanzo denso, tosto nel senso migliore, nonostante la brevità. Come è accaduto a me, come Grazia a Nino, ti passo il testimone; leggerò poi le tue impressioni. ;)

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  2. Le tue letture sono sempre molto particolari e sembra anche abbastanza impegnativa, forse troppo per la mia mente troppo presa in questo periodo, comunque una recensione che senza dubbio incuriosisce e come sempre fuori dagli schemi :-)

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    1. Grazie Cuore. Se hai bisogno di svago, questo non è il libro adatto. Magari, in un altro momento... :)

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  3. Risposte
    1. Ciao Lea, mi fa piacere. Non so, dipende, se lo senti nelle tue corde o meno; non è un romanzo da prendere alla leggera. :)

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