Recensioni (Tele)filmiche: Perception, Mr Selfridge

In questo post di Comunicazioni di Servizio vi avevo promesso, fra le altre cose, di aggiornarvi circa i telefilm che seguo. Dovete sapere che la mia vita da Telefilm Addicted non è intensa come quella da lettrice, per il semplice fatto che un libro si riesce bene ad incastrarlo in ritagli di tempo abbastanza ridotti, un telefilm. a meno che non si abbiano almeno 45 minuti, no.
Solitamente dunque, l'estate è la stagione più prolifica per me; tuttavia, avendoci preso la mano, in inverno qualcosa la seguo, generalmente le nuove stagioni delle serie TV recuperate durante le maratone estive.
Da qualche settimana si sono concluse due serie tra le suddette, una per sempre, l'altra rinnovata per un'ultima stagione. Si parla di Perception e Mr Selfridge e poiché, con mio sommo stupore, ho scoperto di non averne parlato prima, partirò dall'inizio.


 Perception

Stagioni 1-3 (Conclusa)

Per me, finora, l'estate ha rappresentato quel periodo magico in cui continui a meravigliarti di poter fare ciò che vuoi quando vuoi. Dormire fino a tardi, andare a mare, leggere, stare al pc, oziare semplicemente. E quando il comprensorio non offre nulla d'interessante, con l'afa sul collo, fare zapping pigramente adagiata sul divano. Così ho scoperto per caso Perception, serie TV per una volta interessante più per i propri contenuti che per le relazioni interpersonali dei protagonisti. 
La trama in breve: il dottor Daneil Pierce, docente universitario di Neuroscienze è ingaggiato come consulente dall'FBI per dare una mano nella risoluzione di complessi casi che spesso hanno proprio a che fare con disturbi della psiche o della personalità. Pierce è inoltre affetto da giovane età da schizzofrenia, malattia che lo porta a dissociarsi dalla realtà e confrontarsi con allucinazioni, frequentemente utili nella risoluzione dei casi. Pierce è coadiuvato dall'agente Kate Moretti, dall'assistente Max Lewichi, dal rettore Paul Haley e altri personaggi ricorrenti nel corso della serie come Natalie, vecchia fiamma giovanile, principale allucinazione di Daniel e Donnie, procuratore distrettuale ex marito di Kate.
Come dicevo, questa serie mi ha sempre affascinata per la grande quantità di informazioni sulla meccanica cerebrale ed i possibili risvolti sulla realtà, tuttavia anche l'occhio e la ship vogliono la propria parte; abbastanza promettente anche su questo punto nella prima stagione, si è un po' persa nelle alte due, portando ad una calo di interesse da parte degli spettatori meno interessati alla scienza e più alla chimica fra i protagonisti, che ha portato purtroppo alla conclusione definitiva della serie. Un gran peccato davvero.

Prima Stagione: 5 Stelle

Seconda Stagione: 3 Stelle

Terza Stagione: 3 Stelle

Voto complessivo: 





Mr Selfridge

Stagioni 1-3

Chi non aveva mai sentito parlare dei grandi magazzini Selfridge's prima di questo telefilm alzi la mano. Alzata.
Ecco, nonostante il mio grande per il UK, non conoscevo un pilastro della storia di Oxford Street finché la signorina Lindy Woodhead non ha pensato bene di scrivere una biografia romanzata del signor Harry Gordon Selfridge e la ITV - canale privato inglese, stessa emittente dell'acclamatissimo Downton Abbey per intenderci -non ha deciso di trarne ispirazione per una serie TV dedicata al magnate dello shopping inglese da contrapporre a The Paradise, targato BBC e liberamente ispirato ad un altro romanzo, grande classico della letteratura francese, Au Bonheur des Dames (Al paradiso delle signore) di Emilé Zola.
Con la sceneggiatura di Andrew Davies, già famoso per il celeberrimo Pride & Prejudice '95, la serie narra la vita dell'imprenditore americano che portò i grandi magazzini nella rigida Londra, riuscendo a vincere le resistenze dei più British fra gli inglesi e fondare uno dei centri commerciali più sfarzosi mai visti agli inizi del Novecento. Ma se Jeremy Piven riesce benissimo nell'indossare i panni dello spregiudicato padrone della baracca, la forza della serie sta nei comprimari, nella riuscita amalgamazione tra l' upstairs ovvero la famiglia Selfridge con lo stuolo di nobili e parvenu che girano intorno ad essa ed il downstairs rappresentato dai commessi e dagli operai che lavorano da Selfridge's
I due mondi trovano frequenti punti di contatto, regalando bei momenti televisivi che si intersecano bene in un periodo che va da inizio secolo agli anni post bellici della Grande Guerra.  
A differenza del collega Fellowes il quale, dopo qualche stagione, sembra aver perso idee originali ed orientamento, lo show ideato da Davies riesce a ritrovare la freschezza delle origini dopo una seconda serie un po' noiosa, grazie ad una perfetta narrazione ad anello o Ring Composition che dir si voglia; infatti si trova una chiosa plausibile per le storylines che hanno tenuto banco per molti episodi, lasciando al contempo sufficiente carne al fuoco per gli sviluppi futuri di quella dell'anno venturo che si pensa essere una stagione conclusiva con ulteriori 10 episodi.

Prima Stagione: 4 Stelle

Seconda Stagione: 3 Stelle

Terza Stagione: 4 Stelle e mezza

Voto complessivo


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